Per sempre
“Ciao…”, le disse con voce roca.
È incredibile come a volte, una parola così semplice e usuale possa essere tanto difficile da pronunciare. Sembra uno di quegli incubi dove si vuole urlare e non esce nemmeno un sibilo, si vuole correre e non si riesce a muovere nemmeno un muscolo.
Correre. Fosse dipeso da Richard, sarebbe corso via; anzi avrebbe evitato quell’incontro. Ormai era lì: doveva affrontarla.
Bella, trasgressiva, sicura di ogni centimetro del suo corpo; non dava spazio alla minima esitazione. I suoi occhi, le sue labbra, ogni più piccolo dettaglio di quel viso gli erano noti come lo erano le imperfezioni della parete da lui lungamente osservata dal suo letto quando, sofferente, attendeva una sua chiamata.
«È finita! Non mi vedrai più!». Quelle parole lo avevano a lungo tormentato.
In un attimo si trovava proiettato in un mondo di ricordi grigi affollati di parole, visi dai contorni sfumati.
Una strana sensazione lo accompagnava in queste occasioni: difficile a descriversi, tremenda a provarsi.
Ora erano lì, di nuovo insieme.
“…Come stai, Andrea?” aggiunse Richard schiarendosi la voce.
“Bene, Richard; sono davvero emozionata nel rivederti. Voglio sapere tutto della tua vita. Entriamo a bere qualcosa” disse lei indicando l’ingresso del bar Sammy’s, il solito posto dove loro usualmente andavano per bere qualcosa dopo il lavoro.
Affollato, rumoroso, il fumo era talmente denso che a stento si vedeva il fondo del locale. Spiccavano le urla di qualcuno che a quell’ora aveva bevuto un bicchiere di troppo.
“Ciao Sammy!” esclamò lei a voce altissima, tanto da far voltare alcuni presenti. “Senza di te questo bar non sarebbe più lo stesso”.
Come al solito! Andrea si muoveva con quella disinvoltura, dolce e decisa al contempo, che l’aveva aiutata molto a fare carriera. E sempre come al solito, lui era rimasto indietro, impacciato, quasi torvo.
Decise di accendersi una sigaretta; nelle sue orecchie risuonò il clack dello Zippo associato a quell’immancabile odore di benzina che gli ricordava quando, da ragazzino, riparava la sua moto da cross.
“Dai Richard, vieni a sederti!”, lo invitò la ragazza con buona risolutezza; “Cosa prendi?”
“Una Ceres… rossa!”, disse lui.
“Ah, ma allora adesso bevi anche alcoolici”, disse sorridendo lei voltandosi subito verso il barista, trascurando il suo tentativo di risponderle qualcosa, niente di importante, ma qualcosa, Santo Dio! Niente.
Quando finalmente anche lei iniziò a bere la sua birra, Richard trovò il modo di richiamare la sua attenzione: “Allora, Andrea, perché mi hai cercato? Cosa c’è di così urgente?”
“Richard, ho per le mani una grossa occasione per te, per la tua carriera; la devi cogliere al volo, senza pensarci. Una cosa così potrebbe non capitarti più”.
“Inizia col dirmi di che si tratta! L’ho già un lavoro!” rispose lui evitando a stento di esternarle il fastidio che la proposta gli aveva procurato.
“No Richard, si tratta di qualcosa di così importante… dovresti dirigere la squadra di softwaristi per gli effetti speciali del nuovo film prodotto dalla Technological Entertainement N.Y. Company”.
“Cosa c’entri tu con loro?”, disse lui di getto, senza nemmeno rendersi conto di essersi già acceso un’altra sigaretta.
“Beh, la storia è lunga, ma proprio l’altro giorno mi hanno chiesto se conoscevo qualcuno di molto preparato nel settore del software: stanno progettando un gioco molto, molto particolare…”.
“In che senso particolare?”
“Ah, vedo che comincia a interessarti la cosa…”
“No, non so, ho la mia vita, i miei interessi; il mio lavoro va bene. Te ne arrivi con una specie di proposta, dopo che per anni non ti sei fatta né vedere né sentire. Non so che dire”.
“Non dire niente, allora, ascoltami e taci”.
Per sempre
P.G. Sfredda – 10/12/2000